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I signori di Riofreddo •

 

I Signori di Riofreddo

Le dinastie più importanti che tennero Riofreddo come feudo sono quelle dei Colonna e dei Del Drago. I Colonna-Riofreddo stanziavano nella rocca, mentre i Del Drago non vi risiedevano se non per brevi periodi, preferendo dare il feudo in affitto. Tra fine  Ottocento e inizio Novecento, il castello venne ereditato dalla famiglia Pelagallo, ed è con questo nome che viene solitamente designato.

I Colonna (dal XII al XVI secolo)

A partire dal XII secolo, i Colonna sono i primi feudatari presenti a Riofreddo. Il ramo della famiglia che risiede sul posto ne prende il nome (è noto, infatti, come Colonna-Riofreddo) e già questo dimostra quanto fosse importante il piccolo feudo che, nonostante le sue ridotte dimensioni, è in una posizione strategica: ai confini tra il Patrimonium Petri e il Regno di Napoli e sul percorso dell’antica via Valeria, rappresenta certamente un luogo di rilievo per i “traffici”, sia di natura politica, che di natura economica e commerciale.

Il personaggio più importante dei Colonna-Riofreddo è Landolfo, vissuto negli ultimi decenni del XIII secolo – Soldato di Riofreddo e Signore di Roviano – che possiede diversi feudi nella zona. Egli è per la popolazione locale un custode che risiede nel luogo, a difesa di esso.

I Colonna-Riofreddo, a differenza delle altre linee della famiglia, adottano una politica particolare nei confronti dei pontefici, in quanto ne sono spesso alleati. Antonio, figlio di Landolfo, fa restaurare e affrescare la chiesa della ss. Annunziata nel 1422, durante il pontificato di Martino V (al secolo Oddone Colonna, papa dal 1417 al 1431), che gli concede molte agevolazioni.

Intorno al 1459, la linea di Riofreddo si estingue e il feudo è conteso tra gli ultimi eredi, i Colonna di Paliano e i Caffarelli. Tra il 1554 e il 1560, Bernardino Caffarelli e Muzio Colonna venderanno Riofreddo al protonotario apostolico Paolo Del Drago.

I Del Drago (dal XVI al XX secolo)

La famiglia Del Drago proviene da Viterbo e da lì, nel 1475, si trasferisce a Roma, per svolgervi importanti funzioni nell’ambito della magistratura; non ha una lunga tradizione in ambito feudale, e Riofreddo, che gli costa 3.500 scudi, è il secondo feudo acquistato, dopo quello di San Vittorino.

Le controversie tra la Comunità di Riofreddo e i Del Drago cominciano a pochi anni dall’acquisto del feudo: nel 1593 è abolito un capitolo dello Statuto che attribuiva al feudatario alcuni diritti ereditari (Ius Recadentiarum), in cambio dell’osteria comunitaria, che diviene così di sua proprietà. Il 21 ottobre 1622, papa Gregorio XV (1621-23) dichiara Riofreddo marchesato del signor Antonio Del Drago e dei suoi successori; già dall’anno seguente, le pretese baronali cominciano a farsi più pressanti: vuole anche per sé il diritto di vendita del pane, privativa invece della comunità (i cui proventi si limitano agli affitti del forno, del macello, della salsamenteria). Questo problema mette i due soggetti, Comunità e Marchese, di fronte presso il prefetto dell’annona.

Negli ultimi decenni del XVIII secolo, le due parti sono l’una contro l’altra di fronte alla Sacra Congregazione del Buon Governo, in una causa che si conclude all’alba del XIX secolo con una pesante sconfitta per la comunità.

Agli inizi del XX secolo, la famiglia Pelagallo eredita Riofreddo; ed è con questo nome che solitamente viene designato il castello.

Lo Statuto di Riofreddo

Lo Statuto di Riofreddo è di origine recente: viene infatti approvato nel 1550 dal consiglio generale del luogo – costituito da tutti i capifamiglia – e dai feudatari Muzio Colonna, Giovanni Andrea e Bernardino Caffarelli. Nel 1581, quando il castello appartiene alla famiglia Del Drago, lo statuto è di nuovo approvato e trascritto. Nel 1628 sono aggiornate le pene pecuniarie e, nel 1635, viene di nuovo trascritto a causa del cattivo stato di conservazione.

Rimane in vigore fino al XIX secolo, subendo solo due modifiche: la prima, nel 1593, consistente nell’abrogazione di un capitolo relativo al diritto successorio dei signori in cambio dell’osteria della Comunità, la seconda, a seguito della visita pastorale di Monsignor Marabottini del 31 ottobre 1705, che – tra le altre cose – decreta la fine del consiglio generale, riducendolo ad un massimo di trenta persone. Non ci sono tracce di uno statuto più antico, se non nei riferimenti che si trovano talvolta in quello cinquecentesco, che rimanda all’antico solito et la giurisditione delli Signori Illustrissimi; sembra però lecito ipotizzare che Riofreddo, come il limitrofo castello di Roviano, avesse avuto una più antica codificazione scritta.

La raccolta è costituita da sei libri, per un totale di centosessantuno capitoli Il primo libro riguarda l’organizzazione amministrativa della comunità ed è certamente il più interessante. Ricordiamo solo alcuni dei funzionari di cui si dotava la comunità.

Le figure più rilevanti sono certamente quelle dei massari, gli amministratori che eleggono tutti gli altri ufficiali tranne il Governatore: sono tre e la loro carica dura un anno, durante il quale si occupano di tutto ciò che riguarda la vita del borgo, della supervisione alle aste di affitto dei beni della terra ad candela accesa al più offerente, della tutela delle persone indigenti, della riscossione delle imposte. I diritti della corte sono tutelati dal governatore, eletto dai feudatari per sei mesi. Egli non deve essere riofreddano, né provenire da località confinanti; presiede ai processi, è preposto alla difesa  delle consuetudini della comunità, delle chiese, degli ospedali e delle persone deboli.

Il secondo e il terzo libro si occupano rispettivamente delle cause civili e penali; interessante, a tal riguardo, è la durata massima prevista per la loro conclusione: le civili durano al massimo due mesi, le penali quaranta giorni.

Il libro più ampio è il quarto, relativo ai danni dati e ciò è facilmente comprensibile in un piccolo castello le cui principali fonti di sostentamento vengono dall’agricoltura e dall’allevamento. Il quinto libro si occupa di igiene e ordine pubblico, mentre il sesto – in dodici capitoli – stabilisce le norme da tenere all’interno del territorio riofreddano nell’esercizio del proprio mestiere.

Lo Statuto di Riofreddo risulta molto articolato e complesso, considerata la limitata estensione del luogo e la scarsità della popolazione, e questo lo rende ancora più interessante. Certamente, la posizione geografica del paese, posto in un fondamentale punto di confine tra Regno di Napoli e Stato Pontificio, attraversato da un’importantissima via che conduceva a Roma, ha giocato un ruolo notevole: Riofreddo era un paese “aperto”.

Nel corso della lettura delle leggi statutarie ciò che colpisce, oltre al livello certamente non infimo di elaborazione, è l’atteggiamento “protezionistico” di molte norme, anche esso comprensibile in base alle considerazioni sopra esposte.