L'ospedale di Riofreddo •
Personaggi illustri •


 

Storia

Gli equi sono popoli dell’Italia preromana stanziati nelle zone centrali appenniniche: il Cicolano e l’alto corso dei fiumi Aniene e Turano. Appartengono al gruppo etnico osco-sannita e confinano con i sabini, i latini, gli ernici, i volsci e i marsi.

La topografia del territorio aniense degli equi è stata indagata solo in parte: sono stati identificati tra i monti Ruffi (a Roviano, Bellegra, Roiate, Olevano) alcuni dei ‘luoghi fortificati d’altura’ (gli oppida sui “summa iuga” citati da Livio), costituiti da una cinta muraria a blocchi.

La romanizzazione avviene tra il IV ed il III secolo a.C.. I romani intuiscono molto presto la funzione strategica di questa zona, infatti le ostilità con la popolazione locale, gli equi iniziano già alla fine dell’età regia, poi durante il V-IV secolo a.C. si susseguono una serie di scontri – spesso coloriti di leggenda – narrati da Tito Livio (libri 2-4, 6). Il territorio degli equi viene romanizzato con la fondazione nel territorio conquistato delle colonie di Alba Fucens e Carsioli (nel 303 e 298 a. C.) e con l’iscrizione degli equi nelle tribù Aniensis e Claudia.

Poi con la costruzione della via Valeria, che calca precedenti tracciati, nei romani valorizzano anche  l’importanza economica dell’area, che rimane nel tempo, poiché su di essa si sviluppano sempre fiorenti commerci fra la pianura romana e l’entroterra abruzzese fino al mare Adriatico.

L’asse naturale di congiunzione tra le regioni tirreniche e quelle adriatiche, tra l’Italia centrale e quella meridionale, ne determina l’importanza strategico-militare nonché quella economica dal periodo equo a quello romano poi via-via fino ai nostri giorni.

In epoche più recenti, tra l’VIII e il IX secolo d.C., nella zona che si trova di fronte alla via Tiburtina-Valeria, all’incrocio delle quattro strade e ai confini con il territorio detto Piana del Cavaliere in area abruzzese, è edificato il Convento di S.Giorgio a opera dei monaci benedettini (o forse basiliani). E’ un importante snodo di comunicazione che domina il crocevia commerciale e culturale sulla via Valeria ai confini fra i territori limitrofi fino ai XVII-XVIII secolo.

La costruzione del castello e del borgo di Riofreddo, Castrum Rivi frigidi (‘rio freddo’), opera della famiglia Colonna,  che lo conserva come feudo tra la fine dell’XI sec. e il XVI sec., dimostra ancora l’importanza strategica, militare e commerciale di questo territorio.

Il ducato di Spoleto ha qui i suoi confini, ed è punto di confluenza della diocesi di Tivoli, di quella dei Marsi, della reatina e della sabina. E’ di nuovo terra di confine sotto la dominazione dei Franchi e frontiera rimane anche a delimitare a settentrione il Regno normanno, quindi angioino, aragonese e borbonico fino alla costituzione del regno d’Italia, per diventare allora soltanto un confine amministrativo.

Nel valico tra i Monti Sabini e quelli Simbruini sempre si svolgono commerci, transumanze, passaggi di eserciti, di briganti, di idee, di culti. Per questi motivi in Riofreddo si sviluppano, più che nei paesi circostanti, un ospedale, una numerosa categoria di commercianti e carrettieri, un fiorente artigianato, una classe imprenditoriale piuttosto abile e a volte spregiudicata, un endemico contrabbando ed un sempre latente brigantaggio.